Dopo anni di promesse e rinvii, arriva finalmente una misura che potrebbe fare la differenza per tanti studenti con disabilità e per le loro famiglie. Dal prossimo anno scolastico, i genitori potranno chiedere che il docente di sostegno precario assegnato al proprio figlio venga confermato anche per l’anno successivo. Un cambiamento che ha l’obiettivo di garantire quella continuità didattica tanto auspicata ma che da troppo tempo resta solo uno slogan.
Le famiglie interessate dovranno presentare la richiesta al dirigente scolastico entro il 31 maggio e, se ci saranno le condizioni, la conferma dell’insegnante dovrà avvenire entro il 31 agosto, in modo da iniziare il nuovo anno scolastico con un docente già conosciuto dall’alunno e con cui si è instaurata una relazione educativa. Un traguardo raggiunto solo ora dopo otto anni di attesa dall’introduzione della norma mai implementata completamente. Tutto questo si inserisce all’interno di una realtà disarmante fotografata dall’Istat secondo cui, nell’anno scolastico 2023/24, l’11% degli insegnanti di sostegno è stato nominato in ritardo, il 57% degli alunni ha cambiato docente da un anno all’altro e l’8,4% addirittura nel corso dello stesso anno scolastico.
Per ogni bambino e ogni ragazzo con disabilità, molte volte anche gravi, questo significa ricominciare tutto da capo, farsi conoscere di nuovo, fidarsi di nuovo, adattarsi a un metodo diverso. La continuità non è un lusso né un capriccio: è una necessità, soprattutto per quegli studenti che hanno bisogni educativi complessi. Nonostante le opposizioni di alcune sigle sindacali, il ministro dell’Istruzione e del merito Valditara ha deciso di andare avanti. Le famiglie, già informate dalle scuole, potranno ora avanzare la richiesta. Spetterà al dirigente scolastico, con il supporto del Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO), valutare la situazione caso per caso.
Non si sentiranno di nuovo sole a ricominciare tutto dall’inizio. Non dovranno spiegare, ancora una volta, al nuovo insegnante di sostegno chi è quel bambino che ha bisogno di essere accompagnato, non semplicemente seguito. È ora che la scuola diventi davvero inclusiva, non a parole ma nei fatti.
Fonte: palermo.repubblica.it – Patrizia Gariffo